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venerdì 26 novembre 2010

Spazio Emilio Fede



Fede, Lei dovrebbe vergognarsi nel dire certe cose. Se la sua coscienza non arriverà mai a questo sentimento su questa vita terrena, mi auguro che Lei da buon cristiano sia sottoposto al giudizio più severo di fronte al giudice universale, per aver mentito in maniera così subdola, alle persone che, poche, ancora si fidano di lei. Io mi sento ferito, da cittadino onesto quale mi ritengo di essere dalle sue parole. Se solo i partiti, che lei difende, facessero a meno dei fianziamenti pubblici che noi abbiamo abrogato con referendum, si eviterebbero certe riforme scandalo all'istruzione, che dovrebbe essere il vero pilastro di una Società evoluta.
Lei Fede, farà i conti prima o poi, insieme a tutti coloro che difende, con una giustizia reale che Vi castigherà per il male fatto.
Faccia un atto da uomo vero per una volta nella vita, se ne vada dall'Italia... magari su uno di quei paradisi fiscali che Lei ben conosce a godersi i soldi che ha guadagnato facendo lo zerbino dei potenti. Perchè si ricordi Fede, che Lei era un fallito, delapidando un patrimonio al gioco, e quindi Lei è in debito ancora oggi con qualcuno che l'ha salvata... caro Fede... Lei sarà sempre ricattabile!!!

domenica 21 novembre 2010

La ricetta di Fare Politica - Introduzione

Se vogliamo intraprendere il cammino verso una rivoluzione della politica odierna, non possiamo omettere i riferimenti alle accezioni che storicamente hanno contribuito ad esprimerne un significato, che è andato via via evolvendosi.
Sin dai tempi della preistoria l'uomo nasce già come un essere "politico". Nelle prime forme di aggregazione, così come anche nella famiglia, si sente l'esigenza di individuare delle scelte politiche, legate alla necessità di regolare aspetti economici, culturali, spirituali, di convivenza.
Dopodichè nelle varie epoche storiche, il significato si è evoluto comprendendo non solo le scelte nella comunità, ma andando sempre più a delineare il potere sovrano della collettività. Si vedano ad esempio i vari riferimenti che ne vengono dati da wikipedia sul termine politica (rif. politica wikipedia).
Quello che più interessa a noi di Fare Politica, è l'attualità della politica, cioè il modo in cui oggi viene esercitato questo meccanismo.
La politica determina tutta una serie di atteggamenti atti ad individuare la strada che una collettività deve prendere per migliorare costantemente il suo progresso, tenuto conto di quello che la collettività vuole o meno. E pertanto il fare politica è un valore supremo eticamente inderogabile, necessario al bene della collettività.
Chi parte dal presupposto di fare politica, deve partire innanzitutto da questo principio basilare, che abbiamo fortemente voluto sottolineare come inderogabile.  Il politico deve essere deontologicamente ed eticamente corretto, e porre il bene comune al di sopra di ogni cosa.
Qualcuno potrebbe sostenere questa accezione come la scoperta dell'acqua calda; noi invece siamo certi che questa interpretazione tanto ovvia non sia, proprio perchè la dimostrazione dei fatti che avvengono in tutti gli ambienti dove viene esercitato il potere, ci portano a sostenere in maniera dura che la mancanza di un'etica professionale sia alla base del marcio della politica attuale.
Il primo passo pertanto necessario a riportare l'etica a valore primario del fare politica, sta nella radicalizzazione dei criteri di scelta dei professionisti della politica.
Nel prossimo post alcune proposte a questa radicalizzazione.

giovedì 11 novembre 2010

Prefazione alla ricetta epilogo

E' pertanto palese che il potere legislativo svolge la propria funzione in maniera spesso distaccata dalla reale richiesta della cittadinanza, a proprio uso e consumo con la tendenza poi a strumentalizzare le scelte come sentite dai cittadini ovvero necessarie in uno stato democratico. Ed in un certo qualmodo, questo uso e costume diviene quasi inevitabile, non essendoci strumenti diretti di controllo o di proposizione legislativa nelle mani dei cittadini. La Costituzione prevede lo strumento della "Legge di iniziativa popolare", e qui ancora mi permetto di sottolineare la completezza della Carta Fondamentale, ma la mia considerazione scende al di sotto della soglia dell'accettabile per quanto riguarda gli strumenti attuativi dei principi contenuti nella Costituzione che vengono lasciati alla legislazione ordinaria.
La Legge di iniziativa popolare prevede la possibilità per 50.000 cittadini di sottoporre all'esame di Camera o Senato, la proposta di una legge articolata, pur con dei limiti, affinchè la stessa sia disccussa e votata. E fino qui tutto sembra in linea. Purtroppo, i tempi e i modi di discussione vengono determinati dalla Camera o Senato, a seconda della priorità degli argomenti in essere. Non essendoci pertanto un criterio temporale prefisso affinchè la stessa proposta venga discusssa, mi sembra essere un modo per sminuire e scoraggiare la proposta. Lo sono esempi di proposte che giaciono probabilmente negli archivi più reconditi del Palazzo.
Esiste poi un fattore legato alla scarsa conoscienza da parte dei cittadini circa questa facoltà, dovuta ad una conveniente mancanza di promozione dello strumento in essere da parte della Casta, che ha tutto l'interesse affinchè non vi siano le interferenze del popolo nei propri interessi.
Mi sembra pertanto opportuno sottolineare nuovamente che senza la possibilità di controllo in capo ai cittadini sull'operato del proprio rappresentato, non arriveremo mai ad avere il pieno potere di decidere circa ciò che è meglio e ciò che è peggio, di ciò che è giusto da ciò che è ingiusto e via dicendo.
La ricetta muove i suoi primi passi proprio da questo necessario principio di trasparenza e di responsabilità del rappresentante che viene eletto per proporre ciò che la sua circcoscrizione meglio crede, ma soprattutto con la responsabilità politica delle proprie azioni.

sabato 6 novembre 2010

Prefazione alla ricetta 3° parte

Se la Costituzione garantisce il diritto ai cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere democraticamente a determinare la politica del Paese, non integra però questa facoltà come condizione sine qua non del fare politica. Se il fare politica significa attuare quei comportamenti umani che generano il governo di uno Stato, significa anche che il fare leggi diventa l'espressione del fare politica, pertanto il mezzo con cui si fa politica. Luogo eletto per fare le leggi è il Parlamento che con le due sue Camere (Camera dei Deputati e Senato), diventa il luogo dove la manifestazione della politica dovrebbe essere naturalmente esercitata.
Gli Art. 56 e 57 della Costituzione dispongono i criteri mediante i quali vengono elette Camera e Senato, disponendo che "La Camera è eletta a suffragio universale..." e "Il Senato su base regionale..." non facendo menzione alcuna sul fatto che i deputati e senatori futuri debbano necessariamente essere scelti nelle liste di partito. Cosa significa questo: se al posto della selezione che i partiti operano in uno piuttosto che nell'altro collegio e si lasciasse che le persone senza un'indicazione di parte politica si candidassero in quello o quell'altro collegio, si potrebbe realmente collegare all'eletto la sua responsabilità politica di quello che andrà a fare. Attraverso periodici incontri nel collegio, l'eletto dovrebbe di fatto rendere conto ai cittadini di quello che sta facendo per il collegio che lo ha nominato, ed essere efettivamente l'espressione della volontà dei cittadini, che potranno poi decidere se riconfermargli la fiducia o toglierla alla prossima tornata elettorale.
Fare leggi al di fuori delle indicazioni di partito porterebbe ad ua produzione di riforme decisamente più performante. Il nostro sistema, sin dalla Prima Repubblica, è sempre stato improntato su di una maggioranza e di una opposizione che in ogi caso sono sempre in contrasto su ogni legge che si rende necessaria. E qui mi chiedo, se una legge di riforma della giustizia o del conflitto di interessi si rende palesemente necessaria perchè sono i cittadini che la vogliono, tutti all'unanimità dovrebbero mettersi di impegno per confezionarla nei tempi più brevi, e tutti dovrebbero logicamente ritenere di dover votare senza e solo le indicazioni dei partiti, ma secondo libero arbitrio sulla base di quella che è la volontà dei rappresentati del prorpio collegio. Depenalizzare il falso in bilancio, dovrebbe essere contrario al criterio logico del cittadino onesto e pertanto non essere una necessità. Chi ha votato questa legge, ha davvero votato secondo la volontà dei propri elettori???